Esercitarmi alla bellezza significa allenarmi alla sottrazione, far emergere quella parte del mondo che vedo e che dà voce al mio sguardo interiore. Intimità.
E in questo processo di selezione, immergermi nella realtà della vicinanza e della distanza, nel concetto di coesistenza tra connessione e separazione, alla continua ricerca di quel magico e misterioso equilibrio tra il mondo esterno e quello interno.
Mi avvalgo spesso dell’autoritratto come potente forma di comunicazione radicale perché il fotografo, il soggetto e il pubblico sono apparentemente la stessa persona.
Ma non è il raccontarsi da dentro che mostra la potenza dell’autoritratto. È il suo farsi mezzo - tramite - per parlare di quell’ “altro” che va “oltre” il se’ per diventare linguaggio poetico, universale, in cui potersi ri-conoscere.
“Je est un autre”, “io è un altro”, scriveva Arthur Rimbaud e in questo “je est” e non “je suis” apre la porta a quella alterata’ al di fuori di se’ che perde la propria centricita’.
Siamo esseri stratificati, siamo “questo” ed “altro”. Ed è nell’incontro dell’Io con l’Altro che si diventa portatori di un messaggio.
E allora utilizzare il proprio viso, il proprio corpo non è solo ricerca di identità, esplorazione delle emozioni, mostra del quotidiano, del rapporto con la natura e con ciò che ci circonda. Non è solo denuncia di uno stereotipo, di una condizione che tocca il soggetto.
L’autoritratto diventa forma d’arte quando si è disposti a diventare stranieri di se stessi. Alterandosi, il pensiero si accresce e vede di più, più a fondo. E tale alterazione ha qualcosa del fenomeno incontrollabile, è un’“éclosion”.
Sbocciare.
“…guardare alla fotografia come a un modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno di chi fa fotografia, quindi la sua storia personale, il suo rapporto con l'esistente, è sì molto forte, ma deve orientarsi, attraverso un lavoro sottile, quasi alchemico, all'individuazione di un punto di equilibrio tra la nostra interiorità - il mio interno di fotografo-persona e ciò che sta all'esterno, che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia”. [Luigi Ghirri - Lezioni di fotografia]
FILLING THE GAP
SILENCE, PLEASE
THROUGH REFLECTIONS
SITTING ON THE DOCK OF THE BAY
SELF LOVE
WAITING FOR SUMMER
BIO
Elena Prola (ITA, 1970) è una fotografa documentarista.
Si laurea in Legge, consegue un Master in Marketing Digitale e parallelamente nutre il suo interesse per la fotografia, partendo dalla camera oscura per poi approdare alla fotografia digitale.
La sua e’ una formazione interdisciplinare: ha frequentato corsi di tecnica fotografica, workshop sull’autoritratto e nel 2024 è stata ammessa al biennio della scuola di fotografia autoriale “The soul and the machine” di Nausicaa Giulia Bianchi.
Il suo sguardo è fortemente influenzato dalla poesia, dalla psicologia e dalla meditazione vipassana che pratica quotidianamente.
E’ attratta dalle relazioni intime, dalla vulnerabilità dell’universo femminile e dalla sua complessità, un campo di indagine nel quale porta alla luce la forza trasformativa della contradditorietà, dell’inquietudine, del mistero che esiste ma che ancora non si è svelato. Nella sua narrazione visiva, l’autoritratto diventa mezzo di comunicazione radicale che, da racconto autobiografico, si fa tramite per parlare di quell’ “altro” che va “oltre” il sè, per diventare linguaggio poetico, universale in cui potersi ri-conoscere.
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