E’ DA STESI CHE SI VEDONO LE NUVOLE

 Li incontro così, sdraiati sull’erba,

scomposti sul palco vuoto,

sparsi negli angoli silenziosi di un luogo

che custodisce una memoria operaia.

Di notte, persi nei suoni e nei loro corpi vibranti.

Di giorno, distesi come foglie, obliqui come rami.

Liberi dalla richiesta di verticalità che fa il mondo,

così vicini a tutto ciò che è basso,

li guardo tra i confini dei loro corpi vulnerabili, vivi.

Orizzontali, piegati, in bilico tra diserzione e rivelazione.

E’ dal basso che ci si accorge del cielo.

E’ nell’inclinazione che la vita accade come una scoperta.

Un ritorno. Un mistero.

 

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