E’ da stesi che si vedono le nuvole
[ongoing project]








Una riflessione sull'adolescenza come un tempo in cui, senza saperlo, i giovani abitano una postura diversa da quella adulta: più bassa, più obliqua, più vulnerabile.
Li ho incontrati così, sdraiati sull’erba, appoggiati ai bordi di un palco vuoto, sparsi tra gli angoli silenziosi di un luogo che di notte esplode di musica e di corpi in movimento, ma che di giorno cambia pelle: si svuota, si acquieta, mostra qualcosa di invisibile.
Questo luogo è il Carroponte di Sesto San Giovanni – ex struttura industriale e simbolo della lotta operaia – oggi spazio per concerti. Mi sono chiesta se non ci fosse, in quelle posture, qualcosa da scoprire.
Virginia Woolf in “On being ill” scrive: [...] solleviamo i piedi anche solo qualche centimetro sopra il pavimento […], cessiamo di essere soldati nell'esercito dei verticali; diventiamo disertori.[…] capaci di guardarci attorno, di guardare in alto, di guardare, per esempio, il cielo.
In quei corpi osservati sembra risuonare lo stesso gesto: l’abbandono inconsapevole dell’asse verticale della prestazione, la ricerca di un’altra postura, più prossima all’altro, più in ascolto, capace di disegnare una geografia comune, come fa la natura al cospetto del cielo.
E se non ci fosse sempre bisogno di reggere il mondo, ma solo di lasciarsi toccare dalle nuvole?